“Comfort zone”: cosa significa e come uscirne

La "comfort zone", quanta ironia in rete? Ma di cosa si tratta e quando e quanto può diventare un ostacolo nella nostra vita?

Sui social la prendiamo sottogamba e con ironia, ma la “comfort zone” (significa letteralmente ‘zona di conforto’) è un argomento serio che va affrontato anche dal punto di vista clinico. Definita dalla psicologia comportamentale, si tratta secondo Alasdair A. K. White (‘Teoria della comfort zone’): “La condizione mentale in cui la persona agisce in uno stato di assenza di ansietà, con un livello di prestazioni costante e senza percepire un senso di rischio”. Sono tanti i “luoghi” della comfort zone, possono essere persone o anche cose: l’amic@ del cuore, la mamma, il fidanzat@; le console di gioco, le serate passate davanti a Netflix, i libri. Si tratta di una routine quasi irrinunciabile per il senso di famigliarità e del modo in cui ci fa sentire a proprio agio senza il minimo sforzo.

"Comfort zone": cosa significa e come uscirne

Comfort zone sì o no? Ni!

Non è da condannare, a volte è necessaria per ritrovarsi, ad esempio dopo un forte periodo di stress o per superare una delusione. Bisogna starci il tempo giusto per ricaricarsi e per tornare a prendersi le proprie responsabilità. Diventa un problema da analizzare quando non riusciamo più uscirne. Quando la paura di affrontare il mondo e i doveri sembrano dei macigni pesantissimi da portare sulle spalle e che non ci consento di fare qualcosa di diverso che non include il nostro luogo sicuro, “leggero”. La scelta di rimanerci dipende spesso dall’ansia di affrontare i problemi e le nostre paure; una situazione del genere rischia di privarci degli stimoli giusti per andare avanti, costruire un futuro e costringerci a condurre una vita piatta.

La “Comfort zone” is “The new pigrizia”?

Bisogna imparare ad avvicinarsi ma anche ad allontanarsi dalla zona di conforto, altrimenti i rischio diventa alto sia per la salute mentale e sia per quella fisica. Il rischio è quello di scambiare per “pigrizia” come la costante che non ci fa muovere, ma la pigrizia non è solo di uno dei sette vizi capitali, può trasformarsi in vera patologia. Restare fermi a fare un’unica cosa non ci fa crescere, non ci fa evolvere e non ci consente di risolvere i problemi. Restare invischiati in questa zona può compromettere la nostra capacità di cambiare perché preferiamo la “prevedibilità” alla “imprevedibilità” delle cose nuove. La paura è quella di dover uscire e guardare in faccia la realtà anche se vi sono possibilità di risultati positivi.

Nella vita si va avanti mettendosi alla prova continuamente. Se non lo facciamo non conosceremo mai noi stessi, la nostra evoluzione e la nostra crescita. Questo stato di “stallo”, ad esempio, non ci dà il coraggio di troncare una relazione che ormai non funziona più, un’amicizia o un amore tossico, non ci consente di cambiare lavoro anche quando ci troviamo al limite della sopportazione, reprimendo così ogni bisogno e privandoci del rispetto che dobbiamo a noi stessi.

L’abitudine, quell’amica che ogni tanto va tenuta alla larga

Il cambiamento è necessario, tanto quanto lo è un momento di pausa ad esempio dopo una brutta delusione. Si elabora, si fanno le cose che ci fanno stare bene, poi però bisogna affrontare il diverso e scacciare l’abitudine o si rischia, ogni volta, di perdere un pezzetto di se stessi. A volte è nelle incognite che trovi sogni avverati che non sapevi di desiderare. Quindi forza è coraggio! Ci sono una serie di consigli per girare alla larga dalla comfort zone.

Come uscire dalla Comfort zone?

Ogni giorno cerca di fare qualcosa di diverso per te stess@ o anche per qualcun’altro. Non deve essere necessariamente qualcosa di folle. Potrebbe essere anche quella di provare uno smalto dal colore insolito e che non avresti mai provato. Ad esempio la mia trappola è Netflix o i libri, soprattutto questi ultimi. Da ragazzina mi sono sempre rifugiata in loro. Tutti mi davano della “virtuosa” della lettura, ma avrei preferito che qualcuno mi dicesse di tenere di più il naso all’insù che all’ingiù sui libri. Ancora oggi rappresentano un pericolo per me, ma so come non oltrepassare quel limite, ovvero quando mi induce a viaggiare di più con l’immaginazione che nella vita reale. Rimedio ad esempio con il running o viaggiando: in pochi minuti sono in grado di progettare un weekend in un luogo in cui non sono mai stata e attenzione senza portare libri con me. Anzi, preferisco buttare giù qualche riga (rigorsoamente a penna) invece di leggere.

Per uscire da questo staticità confortevole non devi fare per forza qualcosa di eclatante, ma fai il contrario. Visto che stai tentando di uscire dalla tua zona comoda, fai qualcosa di scomodo che possa darti quello scossone per farti ripartire e apprezzare la novità.